C

Con sentenza del 13 febbraio 2014 n. 596, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto l’Italia inadempiente agli obblighi previsti dalla direttiva n. 98/59/Ce, per aver escluso la categoria dei dirigenti dalle procedure di riduzione del personale ex L. n. 23 luglio 1991 n. 223.

A seguito della citata sentenza, lo Stato italiano (con L. n. 30 ottobre 2014, n. 161) ha novellato l’art. 24 della L. n. 223/91, nel senso che anche i dirigenti dovranno essere computati nell’organico aziendale ai fini del conteggio della “soglia” dei quindici dipendenti, soglia il cui superamento determina l’obbligo di espletare la procedura di esame congiunto, laddove il datore intenda effettuare “in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro” o “della cessazione dell’attività” almeno “cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito della stessa provincia”.

Una volta integrata la fattispecie di cui sopra ed ai sensi del “nuovo” art. 24, comma 1 quinques, della L. n. 223/91, il datore di lavoro che “intenda procedere al  licenziamento  di  uno  o  più   dirigenti”, dovrà garantire anche a tale categoria di lavoratori alcune delle disposizioni in tema di procedure di licenziamento collettivo (ad eccezione, ad esempio, del versamento del contributo di mobilità).

Le associazioni di categoria dei dirigenti dovranno, invero, essere destinatarie della comunicazione di avvio delle procedure di cui alla L. n. 223/91, partecipare ad “appositi incontri” nell’ambito della trattativa sindacale ed essere interessate altresì dalle  comunicazioni di cui all’art. 4, comma 9, L. n. 223/91 relative alla puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5, L. n. 223/91.

In caso di violazione delle procedure ex art. 4, L. n. 223/91, ovvero dei criteri di scelta, la sanzione prevista a carico del datore di lavoro ed in favore del dirigente è quella del pagamento di un’indennità “in misura compresa tra dodici e ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo alla natura e alla gravità della violazione …”, facendo espressamente salve “le diverse previsioni sulla misura dell’indennità contenute nei contratti e negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro”.