1. Il disegno di legge

Il 3 novembre 2016, con 173 voti favorevoli e 53 astensioni il Senato ha approvato, dopo quasi un anno di discussione, il disegno di legge n. 2233 recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.

Il provvedimento conteneva ventidue articoli e introduceva, per la prima volta, misure inedite a sostegno del lavoro autonomo, ma, soprattutto, definiva il quadro normativo cui fare riferimento per la gestione delle forme di lavoro da remoto.

In un contesto produttivo sempre più in trasformazione, il disegno di legge introduceva, per la prima volta, il concetto di “lavoro agile” (o “Smart-Working”).

Una modalità flessibile di svolgimento del rapporto di lavoro resa possibile grazie alle tecnologie digitali.

Non una nuova tipologia contrattuale, bensì una differente modalità di esecuzione della normale prestazione dovuta, svincolata da specifici luoghi e tempi di lavoro, nel rispetto dei soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Il disegno di legge era assai ambizioso e aveva gettato subito le basi per una vera rivoluzione sociale: probabilmente per la prima volta in Italia venivano ridefiniti i confini del lavoro subordinato tipico. Il provvedimento, stabilendo che la prestazione lavorativa poteva essere eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, avrebbe poi permesso a quei lavoratori le cui prestazioni non necessitino della presenza fisica in azienda o di particolari attrezzature, un migliore work-life balance, e, al contempo, avrebbe consentito alle aziende di incrementare la competitività tramite una serie di benefici: riduzione di strutture e costi fissi, riduzione delle indennità di trasferta e missioni; aumento di produttività dei lavoratori; riduzione del tasso di assenteismo aziendale.

 

  1. La legge 81/2017

Ciò che era stato previsto nel disegno di legge ha poi trovato la luce con la l. 81/2017 che ha provveduto a definire e disciplinare la materia in oggetto come di seguito esposto.

Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincolo di presenza in azienda e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Esso si fonda sull’accordo tra dipendente e datore di lavoro in ordine ad una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

Per l’individuazione delle concrete modalità di attuazione del lavoro agile, il testo di legge rinvia all’accordo diretto tra datore e lavoratore, nel quale dovranno essere indicati i tempi di riposo, le misure tecniche e organizzative finalizzate ad assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro e le modalità di esercizio del potere di controllo, in conformità a quanto disposto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

L’accordo potrà essere sia a tempo indeterminato che determinato; mentre nel primo caso è prevista la libera recedibilità con preavviso di almeno trenta giorni, nel secondo caso il recesso dalla flessibilità potrà avvenire solo in presenza di un giustificato motivo

Il trattamento economico del lavoratore che svolgerà la prestazione in modalità di lavoro agile dovrà essere equivalente a quello complessivamente applicato ai lavoratori che espletano le medesime mansioni, ma esclusivamente all’interno dell’azienda.

In materia infortunistica è riconosciuta la relativa tutela per gli infortuni in itinere, anche qualora la scelta del luogo per effettuare la prestazione lavorativa sia dettata non solo da esigenze connesse alla prestazione stessa, ma anche del bisogno del lavoratore di coniugare, nel limite della ragionevolezza, tali esigenze con quelle extra-lavorative.

Sempre in tema di sicurezza sul lavoro, il datore sarà tenuto a consegnare al lavoratore (e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta che individui i rischi generali e i rischi specifici connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.

A oggi le aziende sottoscrittrici di accordi individuali di smart working possono procedere al loro invio attraverso l’apposita piattaforma informatica messa a disposizione sul portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

  1. Il tema della sicurezza sul lavoro

In connessione con la nuova disciplina sullo Smart Working si è aperto un ventaglio di ipotesi in cui la normativa tutt’ora vigente non parrebbe essere adeguata. Un esempio concreto è costituito dalla tematica della sicurezza sul lavoro. Cosa succede a quel lavoratore che dovesse, ad esempio, subire un incidente fuori dai locali aziendali e durante lo svolgimento dell’attività lavorativa? A questo e ad altri quesiti si è cercato di dare risposta ad opera della Pubblica amministrazione che ha adottato alcune circolari tra cui la più rilevante appare quella Circ. 2 novembre 2017, n. 48 emanata dall’ INAIL.

La l. 81/2017 all’art. 22 prevede che “Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”.

La suddetta circolare specifica che in capo al datore di lavoro permane l’obbligo di mantenere la copertura assicurativa per gli infortuni il lavoratore durante il periodo in cui questi effettui la propria prestazione lavorativa fuori dai locali aziendali.

Come facilmente intuibile la risposta della circolare sul tema della sicurezza de lavoratore ha “risolto” solo marginalmente il problema, considerato peraltro nel breve periodo. Restano tuttavia molti dubbi sul tema che aspettano di essere dipanati.

 

  1. L’orario di lavoro: difficoltà definitorie

Come già rilevato, ai sensi dell’art. 18, comma 1, l’assenza di vincoli di orario costituisce un tratto potenziale, ma non necessario, del lavoro agile. La stessa disposizione pone invece in termini di inderogabilità, e quindi di generale applicazione, l’obbligo di contenere la prestazione entro i (soli) limiti della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. All’art. 19, comma 1, infine, si richiede che l’accordo individuale deputato a stabilire le modalità di svolgimento della prestazione agile individui altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Vari sono le necessità di coordinamento tra le disposizioni richiamate.

Uno per tutti: l’art. 18 impone il rispetto della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero. La previsione del limite della durata massima dell’orario stabilita dalla legge induce a ritenere che il lavoratore agile, pur non vincolato ad un preciso orario di lavoro, deve rendere la prestazione all’interno di un monte ore massimo che possa essere calcolato. La mancanza di precisi vincoli di orario non significa assenza di orario tout court. Essa vuol dire che l’orario, pur stabilito, non è predeterminato dal datore in termini vincolanti per il lavoratore nella sua distribuzione e collocazione temporale (cfr. anche infra).

 

  1. INAIL 2 novembre 2017, n. 48

Con la Circolare 2 novembre 2017, n. 48, l’INAIL ha fornito le istruzioni operative in materia di lavoro agile riguardanti “Obbligo assicurativo e classificazione tariffaria, retribuzione imponibile, tutela assicurativa, tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.

Di seguito i “focus” di maggiore rilievo:

 

  1. a) organizzazione del lavoro: nell’individuare le attività che rientrano nei progetti di smart working, si richiama l’attenzione sulla differenza tra lavoro agile e telelavoro, per non ridurre la flessibilità “ad una mera prestazione lavorativa da casa, mantenendo ferme rigidità non richieste“. Si sottolinea infatti l’importanza altresì di creare postazioni di lavoro smart, per “superare il concetto di postazione fissa o stanza”;

 

  1. b) gestione del rapporto di lavoro: occorre trovare modalità agili di svolgimento della prestazione lavorativa che, pur nel quadro di regole legali e contrattuali, “superino le rigidità tradizionali del lavoro subordinato svolto in uno spazio ed in un orario definiti. Il posto di lavoro non deve più necessariamente coincidere con la sede abituale e con un predefinito orario di servizio“;

 

  1. c) quanto alle relazioni sindacali, “nel ricorso al lavoro agile, per gli aspetti connessi alle determinazioni relative all’organizzazione degli uffici è richiesta la sola informativa sindacale, mentre per i profili concernenti i rapporti di lavoro non potrà prescindersi dalle altre forme di partecipazione sindacale previste o dalla contrattazione laddove si rientri nelle materie di competenza della stessa. In assenza di una disciplina contrattuale in materia che preveda le modalità e gli istituti della partecipazione sindacale, si ritiene che, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, sia comunque opportuno un confronto preventivo con i sindacati“;

 

  1. d) si sottolinea la necessità di predisporre un atto interno in materia di lavoro agile, che disciplini gli aspetti di tipo organizzativo e relativi al rapporto di lavoro (destinatari, non discriminazione, procedura di accesso, individuazione della sede di lavoro, degli strumenti di lavoro, tempi di riposo, diritto alla disconnessione ecc.);

 

  1. e) l’importanza di un sistema di monitoraggio per valutare i risultati conseguiti con l’adozione delle misure in termini di benessere organizzativo e le eventuali misure correttive;

 

  1. f) quanto all’esercizio del potere direttivo, in particolare finalizzato a verificare l’adempimento della prestazione lavorativa, è prevista la possibilità di stabilire fasce orarie di reperibilità, fermo restando che occorre concentrarsi sul risultato della prestazione in relazione alle priorità definite dal dirigente (attraverso, ad esempio, report o confronti periodici);

 

  1. g) quanto al potere disciplinare, le Linee Guida individuano nel codice di comportamento lo strumento nel quale definire i comportamenti passibili di sanzioni.