Con Interpello del 24 settembre 2015, n. 23, la Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito un chiarimento sulla corretta interpretazione dell’art. 39, Decreto Legislativo del 26 marzo 2001, n. 151, relativo ai “Riposi giornalieri della madre”.
Il quesito, posto dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, era volto a comprendere se potesse trovare (o meno) applicazione nei confronti del datore di lavoro la sanzione contemplata dall’art. 46 del medesimo decreto, nel caso in cui la lavoratrice madre non intenda usufruire, spontaneamente e per proprie esigenze, dei permessi ex art. 39, già richiesti al datore di lavoro.
In via preliminare, occorre muovere dalla lettura dell’art. 39 in forza del quale “il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore”. In tal senso, la disposizione precisa che i periodi di riposo hanno la durata di un’ora ciascuno e sono da considerare ore lavorative ai fini della durata della prestazione e della retribuzione.
Il Ministero ha chiarito la natura potestativa del diritto a fruire dei riposi. In tal senso, “..il datore deve infatti, consentire alla madre la fruizione dei permessi qualora la stessa presenti esplicita richiesta. Nello specifico […] la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto, fruendo dei summenzionati riposi”; fermo restando che: “nell’ipotesi in cui decida di esercitarlo e il datore di lavoro non le consenta il godimento dei periodi di riposo troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dall’art. 46”.
Ipotesi diversa qualora la lavoratrice madre abbia presentato una richiesta preventiva al datore di lavoro per il godimento dei permessi giornalieri e abbia poi deciso di non usufruirne, in questi casi, infatti, non sembra ravvisabile la violazione dell’art. 39 e non può trovare applicazione la collegata sanzione.
L’interpello precisa, infine, che l’eventuale rinuncia della lavoratrice alla loro fruizione per alcune giornate, deve trovare giustificazione in una scelta operata “in modo spontaneo e per proprie esigenze” e infatti, “Resta ferma la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche in ordine alla spontaneità della rinuncia della lavoratrice circa il godimento dei permessi in questione. Al riguardo appare pertanto opportuno che la suddetta rinuncia sia giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (ad es. frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici ecc.)”.