Secondo un recente arresto della Corte di Cassazione, i datori di lavoro possono esercitare un controllo sui propri dipendenti, provvedendo a monitorare l’utilizzo dei cd. social network, anche attraverso l’assunzione di identità fittizie (Cass. Civ. 17 dicembre 2014-27 maggio 2015, n. 10955).

Sotto questo profilo, sarà quindi possibile verificare la sussistenza di eventuali negligenze rispetto alle ordinarie attività di lavoro, visto che interrompere la propria attività per utilizzare social network costituirebbe una illecito disciplinare.

Peraltro, la fattispecie in esame si porrebbe al di fuori del campo di applicazione dell’art. 4 della L. n. 300/70 (cd. Statuto dei lavoratori), il quale vieta i controlli a distanza sull’attività del personale, visto che – nel caso di specie – si sarebbe trattato di un controllo diretto e volto a tutelare il patrimonio aziendale.

La Corte di Cassazione precisa, invero, che “[…]Il controllo difensivo era dunque destinato ad riscontare e sanzionare un comportamento idoneo a ledere il patrimonio aziendale, sotto il profilo del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti. Si è trattato di un controllo ex post, sollecitato […] dal riscontro della violazione da parte del dipendente della disposizione aziendale che vieta l’uso del telefono cellulare e lo svolgimento di attività extralavorativa durante l’orario di servizio.[…]”

Pertanto, la creazione di un profilo Facebook per monitorare attività di un dipendente non costituisce, di per sé, violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro, ma attiene, al contrario, ad una semplice modalità di accertamento dell’illecito commesso dal lavoratore, non invasiva, né volta a istigare l’illecito.